2003 // Tomlab
The Lemon of Pink
The Books
Tra le esperienze da vivere almeno una volta nella propria vita, c’è quella di fare le uova strapazzate ascoltando The Lemon of Pink in una giornata decisamente no. È difficile trovare una logica precisa in questa correlazione di azioni, ma funziona.
Non ho ancora capito come faccia la musica dei Books ad essere così confortante e, al tempo stesso, così bizzarra e sconclusionata. Da un lato ci sono quelle calde chitarre folk e il violoncello di Paul de Jong, dall’altro la miriade di suoni non meglio precisati, giocattoli per bambini, discorsi strappati a qualche video familiare, registrazioni in giapponese negli altoparlanti degli aerei, voci di donne africane, frammenti di film italiani, rumori di ogni tipo e provenienza. Ogni canzone è un piccolo viaggio che si muove fra le mille schegge impazzite che i Books hanno unito tra di loro senza una logica, per lo meno in apparenza. Il duo si accoda a quel folle movimento dei primi 2000, quando l’unico imperativo indie sembrava quello di raccogliere montagne di campionamenti e macinarli uno dentro l’altro per raccontare mille possibili storie. Ogni sample, sradicato dal suo contesto, racconta una piccola emozione, provata chissà quando, chissà dove e da chissà chi. O magari salva per sempre su nastro un momento isolato e irripetibile. Forse è questo che i Books vogliono dirci: ogni più insignificante momento conta. Guarda cosa abbiamo tirato fuori da tanti attimi di vita di chissà quante persone in ogni angolo del mondo.
Eppure ogni canzone suona così vicina, così accogliente che quasi non ci si crede. C’è il lento incedere delle iniziali The Lemon of Pink I e The Lemon of Pink II. Lo schizzato collage folk di Tokyo, con i suoi frammenti e i suoi glitch incastrati uno nell’altro. La più bella di tutte, Take Time: un crescendo di chitarre su un tappeto di suoni presi da un imprecisato giocattolo d’infanzia. Una vera e propria storia con alcuni dei sample più emozionanti ed azzeccati del disco. Tra l’euforia di alcuni momenti affiora più facilmente la malinconia, dai titoli The Future, Wouldn’t That Be Nice alle atmosfere di A True Story of a Story of True Love.
Il viaggio nelle terre dei Books dura un soffio e dopo bisogna tornare a casa: Please make sure that you leave nothing behind when you leave the plane. Thank you very much, and for now, sayonara.
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