2016 // AvantRoots
Espectrum: The Avantroots Dub Techno Compilation
Artisti vari
È qualche anno che bazzico il mondo della deep techno. Eppure, continuo a stupirmi di come questo sottobosco sconfinato rimanga silenzioso e impermeabile a qualsiasi altro ambiente, anche al mondo della techno più classica. Nascosto nelle profondità oceaniche del suo suono, si affaccia raramente fuori dalla sua bolla. Dall’esterno può sembrare un mondo parallelo sempre uguale a se stesso e, in un certo senso, questa è una parte del suo fascino.
Quando metti un disco deep o dub techno sai esattamente cosa aspettarti e difficilmente la musica riesce a stupirti – nel senso più classico della parola. Eppure la sua bellezza consiste proprio nel sapere di star tornando sempre nello stesso posto. C’è uno strano piacere nel sapere che non ci saranno sorprese, che ti stai ricollegando a quel suono oscuro e acquatico sempre lì ad aspettarti. A quell’eterna ipnosi pulsante e sottomarina, sempre uguale a se stessa. Come tornare a casa.
Con il tempo si impara non tanto ad apprezzare la novità, quanto piuttosto ad apprezzare ogni minima variazione del suono, le piccole invenzioni quasi invisibili che mostrano la firma dell’artista.
Si sarebbe portati a pensare che la deep techno non cambierà mai, che vivrà per sempre nella sua eterna nostalgia. Quello che vorrebbe fare l’etichetta Avantroots, invece, è unire la tradizione passata della techno ad uno spirito futuristico. Riuscire a portare la dub techno nel futuro. La compilation Espectrum: the Avantroots Dub Techno vorrebbe essere questo. Quello che stupisce di questa compilation non è solo la qualità altissima delle tracce, ma soprattutto la loro varietà. Tracce che tendono più verso la dub che la techno, tracce invece oscure e granulose, altre quasi ambient e altre molto più ritmate.
L’atmosfera viene preparata da Refracted di Warmth: una dub techno elegante, minimalissima e che gioca per sottrazione. Subito dopo, però, si passa a Non State Theory 02 di Stillhead: il suono è sporco e la melodia confusa nella grana e nel rumore, sembra quasi che la canzone proceda per esplosioni improvvise. Souldance invece ha un beat ballabile e la sua melodia dub dà un senso di allegria e di euforia contenuta. Jah is my Driver è la traccia più chill della compilation, quasi più dub classica che dub techno, ed è costruita intorno ad un campione vocale manipolato in mille echi fino ad un effetto psichedelico. Nella compilation c’è posto anche per tracce più classiche, ma sempre di qualità altissima, come Speaking Waves o Oz. La traccia di Deepchord, LS3/5a potrebbe appartenere ad uno dei suoi ultimi dischi: un suono stratificato e complesso, granuloso e costruito su sample e riverberi in lontananza. Il disco si conclude con Napoli: un’altra traccia elegante e perfetta in ogni piccolo particolare.
Alla fine, però, continuo a chiedermi se la dub techno o la techno in generale stiano andando da qualche parte. Forse, di fronte a dischi come questo, la domanda sembra quasi fuori luogo. Questa compilation è fatta di tracce, e tracce belle, e tracce fatte con il cuore e con la voglia di fare musica che valga la pena di ascoltare. Tutto sommato, non è abbastanza? Potremmo discutere per secoli di futuro e innovazione, ma a volte va bene anche, semplicemente, la bella musica.
Pubblicato il 5 Luglio 2023
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