I dischi più belli che ho ascoltato nel 2024

Come ogni anno, dicembre è il momento in cui provare a tirare le somme dei miei ascolti durante l’anno. Come ogni anno, mi sembra di non aver ascoltato abbastanza musica o di non averla ascoltata con abbastanza attenzione. Mi ripeto che non ho avuto abbastanza tempo, che ho passato i mesi a correre dietro alle mille cose che devo o che voglio fare. Non è vero: il tempo è sempre abbastanza. Il fatto è che mi sono totalmente disabituato – ci siamo totalmente disabituati, credo – a dedicarci alle cose impegnative e che richiedono attenzione. Ci vuole testa e pazienza per mettere su un disco ed ascoltarlo dall’inizio alla fine: non come sottofondo, non per riempire il tempo, ma soltanto per entrare nella musica. Ci vuole una certa dose di fatica per prestare attenzione a quello che si sta ascoltando e spesso è davvero difficile trovare quelle energie. Ma non fa niente, anche in questo 2025 continuerò ancora e ancora a provarci.

Nonostante questo, è stato un anno di musica meravigliosa e scoperte straordinarie, come sempre. Qui ho raccolto prima i dischi che mi sono piaciuti di più e poi gli EP, mescolando uscite del 2024 e uscite del passato. L’ordine è puramente casuale.

Oil of Every Pearl’s Un-Insides Non-Stop Remix Album, Sophie (Transgressive Records, 2024)

Nonostante Sophie sia una dei miei artisti preferiti di sempre, non avevo ancora mai ascoltato Oil of Every Pearl’s Un-Insides Non-Stop Remix Album, che, come dice il titolo, è una versione remixata e reimmaginata di Oil of Every Pearl’s Un-Insides. Ora che l’ho fatto, posso dire che è un viaggio folle nell’universo Sophie, diverso da tutto quello che ha fatto prima, ma comunque straordinario.

La prima parte del disco è una techno in cassa drittissima e implacabile, su cui si incastrano frammenti sonori e vocali delle canzoni di Oil of Every Pearl’s Un-Insides. I suoni del disco precedente e la voce di Sophie sono sezionati e isolati nella loro essenzialità. È un po’ come se il lato pop di Sophie sparisse completamente: rimane solo il suo suono nudo e spoglio, ripetuto e rimontato in frammenti isolati.

Più si procede nel disco e più il meccanismo si rompe. Le canzoni suonano come un giocattolo rotto, che emette frammenti sonori in maniera casuale. Il suono meticoloso e iper-prodotto di Sophie è fatto a pezzi e rimontato in una versione massimalista e folle di quello che era il disco originale. In un certo senso, le tracce di Oil of Every Pearl’s Un-Insides Non-Stop Remix Album, più che remix nel verso senso del termine sono versioni esplose delle canzoni originali.

Sì, è veramente un disco straordinario, anche se forse a volte ridondante, durando oltre un’ora e mezza. Un viaggio nel più profondo immaginario dell’artista, lasciandosi totalmente alle spalle l’umano per immergersi nella macchina.

Healing Is A Miracle, Julianna Barwick (2020, Ninja Tune)

Quest’anno, per un periodo durato parecchie settimane, non ho fatto altro che ascoltare i dischi di Julianna Barwick. Solo e soltanto i suoi dischi, a ripetizione. Giorni grigi di pensieri e di malinconia. Se la conoscete o se seguirete il mio consiglio di recuperare questo disco, capirete che forse non è un buon segno. La musica della Barwick è struggente, malinconica fino allo sfinimento, emotiva come poche cose che ho ascoltato, epperò bellissima.

Julianna Barwick utilizza come strumento principale la sua voce, spesso manipolata e amplificata fino a costruire dei cori che ricordano molto un canto gregoriano al femminile. Le tracce sono costruite come tele, sovrapponendo strati e campiture di voce e canto. In alcune canzoni di Healing Is A Miracle alla voce della Barwick si aggiungono quelle di altri artisti: Mary Lattimore, Jónsi e Nosaj Thing. Nei suoi primi dischi l’impalcatura sonora era costruita quasi esclusivamente sulla voce, invece in Healing Is A Miracle la costruzione si fa più complessa e c’è una parte strumentale più importante, ma che ha piuttosto la funzione di completare la voce della cantante. Gli strumenti e le idee musicali del disco sono estremamente varie: da un tappeto di note appena accennato sullo sfondo a note di arpa, da sintetizzatori ronzanti sulle basse frequenze a percussioni minimali.

La musica di Healing Is A Miracle ti tocca profondamente e non può lasciarti indenne. Per me è un balsamo, una ninna nanna che ti abbraccia e ti culla.

8, Prince Of Denmark (Forum, 2016)

La musica di Prince Of Denmark mi fa pensare ad una serata in un piccolo club che conoscono in pochi. La stanza è buia, le poche persone stanno ballando con gli occhi socchiusi. La deep house e deep techno sono eleganti, essenziali. Le melodie sono semplici e malinconiche. Il suono è granuloso e sporco, ma perfetto.

Questo è 8 di Prince Of Denmark, un disco monumentale di oltre tre ore di tracce semplici e perfette, lunghe e pazienti come la buona deep house deve essere.

1993-99, Round One to Round Five (Main Street Records, 1999)

Nella galassia della miriade di nomi adottati da Mark Ernestus e Moritz von Oswald, non ero ancora inciampato in quest’insieme di cinque aliases, che appunto vanno da Round One fino a Round Five. Questa compilation del 1999 raccoglie insieme la manciata di 12 pollici che sono stati pubblicati nel corso degli anni sotto questi nomi, più una versione rivisitata di Quadrant Dub II. Per quasi tutte le tracce è presente una versione più completa e adatta al dancefloor e una “dub”, più scarna e strumentale, ma che spesso per me risulta la più evocativa ed interessante.

La compilation copre una vasta gamma di mood e stili, ma sempre muovendosi nel reame della musica elettronica ultra-minimale, deep e in 4/4 che i due hanno reso la loro cifra stilistica. Si parte da una deep house elegante e a balzelloni, con tanto di vocals (I’m Your Brother con Andy Caine). Al centro troviamo I’m Your Brother (Qudrant Dub II), cioè una meravigliosa nuova versione della classica traccia di Basic Channel, in una veste più ballabile e house, addirittura completata con dei sensuali inserti vocali, ma sempre incredibilmente deep ed ipnotica. Una rivisitazione inaspettata di una delle canzoni più essenziali ed iconiche nella storia della techno.

Nella seconda metà, la compilation si addentra in territori dub, soffusi e sempre più minimalisti, e qui dà il meglio di se (per i miei gusti). La costruzione sonora è essenziale. Queste tracce sono davvero la dimostrazione dell’essenza della musica techno e della musica dance in generale: creare straordinari paesaggi sonori con pochissimi elementi, ma scelti con cura. Saper scegliere il suono assoluto e perfetto, il basso profondo e denso al punto giusto, la grana migliore per unire il tutto. La musica deep si fa paesaggio sonoro: frammenti che si muovono, si alzano e si abbassano lentamente, mentre la batteria e il basso profondo rullano con calma.

La terza estate dell’amore, Cosmo (Columbia, 2021)

La Terza Estate Dell’Amore di Cosmo è un disco-manifesto. Non un manifesto didascalico e perentorio: anzi Cosmo si perde costantemente nell’ambiguità e nel no-sense. È il manifesto di chi si ostina ad avere un’idea alta della musica elettronica, della club culture e della cultura rave, di chi si ostina a pensare che possano essere cose importanti, con i loro riti e le loro regole. È il manifesto di chi sa che le cose belle sono anche fragili e devono essere difese dallo svilimento e dalla commercializzazione fine a se stessa. La canzone La Musica Illegale è ovviamente il centro di questo pensiero, ma la tematica viene portata avanti in tante altre, mentre in altre ancora c’è anche lo spazio per un certo intimismo. In Io ballo il messaggio si fa esplicito: “E se questo è un gioco, è il gioco più importante del mondo / Perché il sacro, la magia, i rituali, le celebrazioni collettive / Non le sostituiremo mai / Con il lavoro, la carriera, il successo, la sicurezza, l’igiene, l’igiene”.

Cosmo riesce prodigiosamente ad unire due mondi: quello del pop e quello della musica da club. Le canzoni sono sempre orecchiabili, hanno un ritornello e delle melodie cantabili, ma l’impalcatura sottostante è un’elettronica sofisticata e dalle mille influenze, piena di creatività. La Terza Estate Dell’Amore è un disco da ascoltare ancora e ancora per cogliere la sterminata quantità di idee di cui trabocca. L’elettronica del disco è sempre originale, sempre magnificamente prodotta. Mescolone (con gusto) di mille influenze diverse: dall’acid all’hardcore, dalla house più elegante all’indie. Il tutto è condito da melodie da anthem dance, tamarre al punto giusto. Rimane il ritmo rilassato e ballonzolante del suono di Ivreatronic, dove Cosmo è nato come artista.

Cosmo è folle, divertente, emozionante. La Terza Estate Dell’Amore fa più domande di quante risposte dia, lascia sempre una porta aperta. E davvero in questo momento storico ne avremmo tuttǝ bisogno.

Sun & Smoke, Theef (A Strangely Isolated Place, 2024)

A quanto pare, la storia di questo disco inizia da un mix caricato nel 2018 composto da queste tracce, allora tutte inedite. Finalmente, quest’anno, le composizioni hanno visto la luce in un vero e proprio disco. E che disco.

Sun & Smoke si muove in territorio deep house, ma tende spesso a suoni techno, come quando fa uso della dissonanza e del rumore. A parte questo, però, le tracce sono elegantissime, perfettamente prodotte e ballabili. La batteria è semplice e groovy, le melodie sono eteree, quando non direttamente cosmiche.

Resort, Skee Mask (Ilian Tape, 2024)

Skee Mask è sempre Skee Mask. Per quanto le sue produzioni spazino dalla techno più aggressiva alle escursioni breakbeat più intricate fino all’ambient soffuso, il suo suono rimane inconfondibile. Il suo uso del riverbero e la sua palette melodica rimangono unici.

In un certo senso, questo suo ultimo disco, Resort, non è nulla di nuovo, ma si muove sempre nel territorio del disco precedente, Pool, anche se suona più rifinito e pensato. Detto questo, è comunque un disco che fa venire voglia di ascoltarlo e riascoltarlo per poter entrare di nuovo nella sua atmosfera così unica. Le batterie sono intricate e dal suono organico e si muovono dal breakbeat più astratto e spazioso fino ad un garage con la cassa dritta. Le melodie sono sempre eteree e calde, zuppe di riverbero, si arrotolano e si stendono a formare un tappeto. Il suono è complesso e sfaccettato, i veli da cui è composto cambiano costantemente e impercettibilmente.

Ongaku 1, Shinichi Atobe (DDS, 2024)

Negli anni Shinichi Atobe ha pubblicato musica molto diversa, comprendo un grande range di atmosfere, ma sempre rimanendo nel reame della musica in 4/4 a bassa intensità, dalla dub techno alla deep house. Rimane sempre presente il suo marchio di fabbrica: un suono nitido e perfettamente a fuoco – si potrebbe definire chirurgico – che però non risparmia la melodia.

Questo EP è composto da due elegantissime tracce. Non c’è molto da dire su Ongaku 1: è una perfetta e raffinata traccia deep house: c’è un basso groovy, un arpeggio deep ed ipnotico, un intrecciarsi di melodie ed un sintetizzatore etereo sullo sfondo. Dub 6(six) è una dub creativa ed ipnotica. Un tappeto di note brevissime e gonfie di riverbero si insegue e si arrotola. La batteria è classica, ma irresistibile.

Plot Twist, CCL (!K7, 2024)

Questo per me è il suono del futuro, una di quelle uscite che mi sembrano attualissime e che, quando le riascolteremo fra vent’anni, sembreranno ancora folli e perfette come ora. Ho ascoltato per la prima volta Plot Twist passando dallo stupore al divertimento più assoluto. La musica di CCL è creativa e divertente, rimanendo sempre raffinata.

La prima traccia Plot Twist ha un ritmo leggermente asimmetrico, a metà tra l’house e il garage. La melodia è psichedelica e cosmica, massaggia le sinapsi e si muove oscillando tra le orecchie. Una linea di basso rullante irrompe all’improvviso, ma tutte le tracce sono costruite come lunghi viaggi, dove gli elementi si assemblano a poco a poco. The Plot Thickens è ancora più trascinante, con un sintetizzatore etereo e la voce appena sensuale della produttrice che sussurra “Dreams, the original thrill…”. Un ritmo serrato house con una linea di basso avvolgente, e la canzone sale e sale avvolgendosi in una spirale.

CCL ha una capacità straordinaria di cesellare il suono perfetto e anche quando si muove in territori classici come la house o il garage, sa sparigliare le carte e stupire chi sta ascoltando.

The Sheperds [official soundtrack], Dylan Henner (Phantom Limb, 2024)

Dylan Henner è un produttore che sa esplorare le manipolazioni sonore ambient più inaspettate, ma anche creare atmosfere quasi classiche, come in questo breve EP.

Come si intuisce dal titolo, questa è una breve colonna sonora che Dylan Henner ha prodotto per il cortometraggio The Sheperds di Woody Ray Tucker. La composizione è un ambient organico, che fa uso anche di strumenti tradizionali come un pianoforte sognante, e di voci e cori processati e manipolati, fino ad arrivare a qualcosa che è a metà tra l’ambient, la musica sperimentale e la musica classica da colonna sonora. Il risultato è un lento crescendo emozionale, una successione di momenti (la composizione è infatti separati in tre distinti movimenti) che aumentano sempre più d’intensità.

Ho ascoltato questo disco tante volte, sempre per ritrovare quella precisa atmosfera sospesa e senza tempo delle composizioni di Dylan Henner.

Breathe… Godspeed, Verraco (Timedance, 2024)

Quando ascolto roba come Breathe… Goodspeed di Verraco mi sembra di ritrovarmi all’improvviso in un’astronave lanciata a folle velocità fuori dal Sistema Solare, mi sembra che la musica dance possa ancora suonare folle e psichedelica e futuristica come doveva suonare all’inizio degli anni ’90.

Il suono di Verraco è estremamente ritmico, con una batteria veloce e intricata, ma anche pieno di sintetizzatori roboanti e psichedelici. L’impronta è la techno liquida e ibrida in stile Livity Sound o Two Shell, ma con un basso poderoso e melodie sfaccettate, piena di partenze e drop improvvisi e di mille effetti. Ma se una certa bass music di impronta techno rimane minimalista, giocata sulla perfezione e sull’esattezza del suono, Verraco sceglie la strada del massimalismo.

L’ultima traccia Sí, idealízame è una cavalcata di sintetizzatori epici e malinconici, che vengono costantemente manipolati e si trasformano sulla batteria che incalza sempre di più.

Dreamfear / Boy Sent From Above, Burial (XL Recordings, 2024)

Questo EP è un sogno diventato realtà per ogni appassionato di lunga data di Burial, soprattutto coloro che rimpiangono gli anni 2012-2015 dei primi EP come Rival Dealer. Con questa uscita Burial è tornato al suono post-rave sporco e incasinato, alla batteria asfissiante, alla grandinata dei ritmi breakbeat. E lo sa fare ancora benissimo e dopo tutti questi anni, la sua musica ha sempre qualcosa di nuovo da dire, anche quando diventa una sorta di autocitazione (di quello che era già a sua volta una citazione).

Sinceramente, non credo ci sia ancora altro da aggiungere sulla musica di Burial. Quello che mi stupisce sempre è il modo in cui William Bevan riesca a far incontrare due mondi apparentemente inconciliabili. Burial riesce a prendere i ritmi folli e impietosi dell’hardcore coontinum e a farne uscire tutto il lato umano, tutta la malinconia e la gioia per quello che hanno rappresentato negli anni ’90 e per quello che la musica elettronica può rappresentare ancora oggi.

Questi sono i dischi più belli che ho ascoltato nel 2024 e che porto con me. Ce ne sarebbero ancora altri da aggiungere, ma un punto devo metterlo prima o poi. Buon 2025, e che sia un bell’anno!

Articolo pubblicato il 12 Gennaio 2024

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